Molecular Biology of the Cell

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Molecular Biology of the Cell Fisioendocrinologia Molecolare Lezione di Fisiologia Cellulare (struttura della membrana) Immagini da Molecular Biology of the Cell Fifth Edition Copyright © Garland Science 2008

Figure 10-1 Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Dettaglio, al microscopio elettronico, della membrana plasmatica. Figure 10-1a Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Disegno schematico dei maggiori componenti della membrana plasmatica e dei compartimenti intracellulari. Figure 10-1b Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Figure 10-1c Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Struttura base di un fosfolipide Figure 10-2 Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

I fosfolipidi sono orientati verso il citosol o l’esterno della cellula, dove per “esterno” si intende sia l’ambiente extracellulare che il lume di vescicole o compartimenti interni. A causa della “testa” carica, i fosfolipidi non possono spontaneamente traslocare da un versante all’altro del doppio strato lipidico. La sintesi dei fosofolipidi avviene unilateralmente (cioè su un solo versante del doppio strato lipidico) nel reticolo endoplasmatico: un enzima “scramblasi” ridistribuisce i neofosfolipidi equiparandone il numero tra i due strati lipidici di membrana. Un altro enzima, detto Flippasi, usa ATP per indurre specifiche traslocazioni (flip-flop) e generare la distribuzione asimmetrica dei fosfolipidi sulla membrana plasmatica. L’orientamento della Sfingomielina (o dei gangliosidi, vedi immagini successive) è indotto dalla sua sintesi nel Golgi: poiché il lume del Golgi corrisponde topologicamente all’esterno della cellula (è un ambiente non citosolico), questo particolare fosfolipide è esposto sul versante extracellulare della membrana plasmatica (o di vescicole di esocitosi). La Sfingomielina è “più lunga” degli altri fosfolipidi e, per non lasciare esposti tratti alifatici all’ambiente acquoso del citosol, tende ad aggregarsi. Le molecole di fosfatidilserina (PS) sono indispensabili per vari processi, tra cui i più importanti sono i seguenti. Esocitosi. Infatti, le molecole PS (trovandosi sul versante citosolico sia delle vescicole che della membrana plasmatica) si comportano da ligandi di ioni Ca+2 : i “composti di coordinazione” risultano quindi dall’azione “cementante” dello ione, che così promuove l’avvicinamento di due molecole PS della membrana vescicolare e due PS della membrana plasmatica (I fase); più punti di avvicinamento provocano la deformazione della superficie vescicolare, che si àncora sotto il piano della membrana plasmatica (II fase) formando una fessura da cui organelli e proteine vengono esclusi (III fase); solo a questo stadio, proteine capaci di esercitare una forza di meccanica (dette “SNARE”, presenti su entrambe le membrane) provocano l’appiattimento della membrana vescicolare sul piano di quella plasmatica (IV fase, descritta in una lezione sul traffico vescicolare) con l’esclusione di gran parte di acqua, ioni e piccole molecole; infine, proteine transmembranarie fusogene inducono la fusione tra le due membrane, con formazione della apertura dello spazio vescicolare sull’ambiente extracellulare (V fase). Il meccanismo che comincia con la formazione di composti di coordinazione, contenenti Ca+2 e PS, è utilizzato dalla cellula anche per indurre fusione tra due vescicole o tra una vescicola ed un compartimento interno: l’esocitosi, però, è un processo massivo (cioè coinvolge un maggior numero di vescicole rispetto a quelle che sono limitate al trasporto interno di materiale) e quindi la concentrazione di Ca+2 nel citosol deve aumentare massivamente (almeno 20-50 volte). Stabilizzazione di enzimi (es. PKC) sotto la membrana plasmatica. Anche in questo caso, Ca+2 promuove l’avvicinamento di almeno due molecole PS della membrana con almeno un residuo amminoacilico della proteina; questo residuo è acido glutammico modificato per la formazione di un addotto con CO2 in posizione γ (residuo che si chiama γ-carbossil-glutammico): si forma un “chelante”, che va ad occupare le altre due posizioni di ligando richieste per la formazione del composto di coordinazione. Apoptosi in atto. Come nel processo precedente, PS forma complessi con specifiche proteine (Annessine) stabilizzandole sul piano esterno della membrana plasmatica. In questo processo, però, è necessario che le molecole PS vengano esposte sul versante extracellulare della membrana plasmatica: una fase importante dell’apoptosi consiste proprio nell’attivazione di un enzima (“Flippasi”, così detto perché provoca flip-flop della molecola); le annessine, stabilizzate all’esterno della cellula, rappresentano segnali di morte che permettono il riconoscimento della cellula apoptotica da parte di cellule fagocitarie. Figure 10-3 Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Colesterolo Figure 10-4 Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Come si vede, il colesterolo si interpone tra fosfolipidi, esponendo il gruppo ossidrilico verso l’ambiente acquoso. La componente strutturale idrofobica interagisce con le catene aciliche dei fosfolipidi. Questa interposizione disturba il compattamento dei fosfolipidi e, quindi, la membrana risulta più fluida. Poiché, comunque, l’interazione coi fosfolipidi è forte, la membrana risulta anche più resistente agli stimoli meccanici (che tenderebbero a rompere l’assetto di doppi strati composti unicamente da fosfolipidi, con disfacimento della membrana). E’ molto importante notare, però, che un accumulo di colesterolo può risultare in interazioni colesterolo-colesterolo, che sono talmente forti che la membrana diventa rigida: questa caratteristica non consente di assorbire la forza di un impatto meccanico mediante dissipazione nella fluidità; perciò, la rigidità acquisita con l’accumulo di colesterolo corrisponde a fragilità della membrana. Le malattie di accumulo del colesterolo sulla membrana plasmatica (che è proprio il sito dove viene inserito circa 80-90% del colesterolo cellulare) sono dovute ad aumentata sintesi endogena (che avviene nel fegato, nel cervello e nel surrene), esaurimento dei siti “di scorta” (granuli intracellulari), inefficiente allontanamento dalla cellula (con specifici meccanismi di rimozione e trasporto) e, infine, eccessiva deposizione di colesterolo esogeno (mediata da specifici trasportatori lipoproteici, come descritto sotto). La deposizione del colesterolo sulle membrane è necessaria per la maggior parte delle cellule, che non sono in grado di sintetizzarlo; esso viene trasportato (assieme ad altri tipi di lipidi) da grandi lipoproteine, composte dal cargo lipidico e apoproteine (dette Apo; in particolare le lipoproteine che lo smistano a tutte le cellule si chiamano Low Density Lipoproteins, LDL, e contengono essenzialmente ApoB e ApoE); le LDL trasportano direttamente dal fegato colesterolo di origine sia epatica (endogeno) che alimentare (esogeno). L’allontanamento dell’eccesso di colesterolo cellulare (“trasporto inverso del colesterolo”, detto RCT) comincia tramite proteine specifiche transmembranarie che richiedono ATP e si chiamano perciò ABC (ATP-Binding Cassette); le proteine ABC lo estirpano dalla membrana e lo cedono a particolari Apo: questo trasporto riguarda il colesterolo in forma libera e ApoA-I, ApoE e (nel cervello) ApoJ; queste specifiche Apo stimolano anche l’esterificazione del colesterolo (prodotta dall’enzima LCAT): gli esteri riempiono l’interno delle particelle lipoproteiche, che così riescono a trasportare in circolo una quantità maggiore di colesterolo. Queste lipoproteine portano un cargo lipidico inferiore a quello delle LDL e, perciò, sono più pesanti (dato che il peso dipende dal rapporto proteina/lipidi): esse sono dette High Density Lipoproteins (HDL) e veicolano con la circolazione il colesterolo al fegato, che lo trasforma in acidi biliari (che sono riversati nell’intestino con la bile) per l’eliminazione dal corpo. Esistono lipoproteine con densità più bassa delle LDL (e sono dette Very Low Density Lipoproteins, VLDL) o con densità intermedia tra LDL e HDL (Intermediate Density Lipoproteins, IDL). Il colesterolo alimentare deriva dall’intestino e viene immesso in circolo con grandi lipoproteine detta Chilomicroni. La eterogeneità della popolazione delle lipoproteine è dovuta ad interconversioni (promosse da enzimi come LCAT e CETP, che rispettivamente inseriscono nelle LDL colesterolo rimosso dalle HDL o scambiano esteri di colesterolo delle HDL con trigliceridi delle LDL) ed è caratterizzata dal tipo di Apo esposte su ciascuno specifico tipo di particella. Il tipo di Apo esposta, dunque, serve per l’interazione con ABC, enzimi, recettori di specifiche cellule bersaglio. Le Apo non sono implicate soltanto nel trasporto diretto o inverso del colesterolo: ad esempio, ApoA-I interagisce (oltre che con ABC-LCAT o con recettori epatici per indurre rispettivamente la rimozione di colesterolo da tutte le cellule periferiche o la cessione del colesterolo trasportato all’epatocita) con ABC delle cellule endoteliali vascolari per stimolare il rilascio di Prostaciclina (che è un vasodilatatore) o l’esposizione di COX-2 (un enzima che serve alla sintesi di Prostaciclina da endoperossidi circolanti). Figure 10-5 Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Le “flippasi” sono enzimi, associati alla membrana plasmatica, che traslocano la serina dal versante citosolico a quello extracellulare Figure 10-11 Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

I raggruppamenti di fosfolipidi con catene aciliche sature (e più lunghe) e la sfingomielina danno membrane più compatte e si raggruppano a formare “zattere lipidiche” (lipid rafts). Nelle zattere si concentra il colesterolo. Proteine con lunghi “passi” transmembranari (allineamenti di residui amminoacilici idrofobici, con struttura ad α-elica o β-sheet) vengono inserite nella membrana mediante fusione con vescicole provenienti dal Golgi (dove avviene la glicosilazione delle proteine transmembranarie sintetizzate nel RER; vedi immagini successive): queste proteine diffondono nel piano della membrana e si localizzano proprio nelle zattere, poiché lì sono stabilizzate dalla più completa interazione tra i passi idrofobici lunghi ed il doppio strato lipidico. Nelle zattere si accumulano, in genere, i recettori cellulari. Figure 10-12 Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Le zattere lipidiche accolgono le proteine con regioni transmembranarie (“passi”) più lunghe. Esse rappresentano un sito di accumulo di recettori e di specifici enzimi proteolitici (es. secretasi) Figure 10-14b Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Notare l’abbondanza di glicolipidi nella guaina mielinica Notare l’abbondanza di glicolipidi nella guaina mielinica. I glicolipidi NON sono fosfolipidi. Table 10-1 Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Dove sono sintetizzati i glicolipidi Dove sono sintetizzati i glicolipidi? Come mai sono esposti verso l’ambiente extracellulare? Figure 10-16 Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Specifici fosfolipidi, come quelli derivati dal fosfatidil-inositolo, non contribuiscono alla stabilità della membrana, ma servono per ancorare proteine o produrre segnali Figure 10-17a Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

La “testa” di un fosfatidil-inositolo difosfato (o trifosfato) può essere rimossa per generare molecole segnale. Anche il frammento di diacilglicerolo (che resta inserito nella membrana plasmatica, viene utilizzato dalla cellula: esso contribuisce a stabilizzare enzimi (es. PKC) nella trasduzione di un segnale extracellulare e, quindi funge anch’esso da segnale cellulare. Figure 10-17b Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Della Fosfolipasi C si è descritta la funzione nell’immagine precedente. Poco si sa del ruolo funzionale della Fosfolipasi D. Le fosfolipasi A sono normalmente stimolate in modo transiente e rilasciano catene aciliche, ma (se stimolate per tempi lunghi) destabilizzano il doppio strato lipidico e causano necrosi. La destabilizzazione da A2 (presente fisiologicamente ma iniettata ad alte concentrazioni col veleno di serpente) è dovuta al fatto che, dopo la rimozione della catena acilica, il “lisofosfolipide” ha scompenso tra testa carica e ancoraggio idrofobico nella membrana, che così diventa troppo fluida e si rompe (lisi di cellule, eritrociti nel caso del morso del serpente). Una “normale” (cioè fisiologica” attività della fosfolipasi A2 è indispensabile per la sopravvivenza, perché libera acidi grassi (in particolare acido arachidonico) necessari per la produzione di Prostaglandine, Trombossani e Leucotrieni. Figure 10-17c Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

I residui glicidici vengono aggiunti nel lume del Golgi e, poi, inviati alla membrana plasmatica mediante vescicole: questo è il motivo per cui si ritrovano esposti verso l’ambiente extracellulare. L’aggiunta dei residui non è casuale, ma indotta da specifici enzimi. Il tipo, il numero e la disposizione (lineare o laterale) dei residui costituisce un codice più complesso di quello genetico (che è basato su solo 4 tipi di monomero e su organizzazione solo lineare). Il codice serve a riconoscere specifiche molecole solubili o su altre cellule. Non sempre la struttura dei residui funge da codice; la presenza di gruppi polari sulla testa serve a definire una regione idrofilica (in cui possono diffondere ioni e piccole molecole) sulla superficie della cellula; inoltre essi impediscono l’avvicinamento di due membrane (che potrebbero fondersi): quindi, il riavvolgimento di strati continui della membrana plasmatica (come un nastro che viene ripetutamente avvolto su se stesso, attorno ad un asse) mantiene l’integrità e separa nettamente la parte avvolta dall’ambiente esterno (es. mielina di oligodendrociti e cellule di Schwann). Figure 10-18 Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

L’avvolgimento multistrato della mielina è compatto: la fusione tra strati sovrapposti di membrana plasmatica è impedita dai glicolipidi che, trattenendo acqua, definiscono uno spazio di separazione tra un avvolgimento e quelli adiacenti. Spirale grigia: avvolgimento mielinico Spirale bianca: spazio acquoso tra gli avvolgimenti.

Diverse modalità di interazione tra proteine e membrana. Figure 10-19 Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Alcuni tipi di ancoraggio di proteine sulla membrana Alcuni tipi di ancoraggio di proteine sulla membrana. Ancorare una proteina significa destinarla ad una funzione che deve essere svolta sulla membrana: l’effetto dell’ancoraggio è l’attivazione della funzione (enzimatica o strutturale). Esistono specifici enzimi che, se attivati da segnali extracellulari o da esigenze metaboliche (che sono riflesse generalmente dalla disponibilità di ATP o glutatione), promuovono questa “compartimentalizzazione” delle proteine sulla membrana. Figure 10-20 Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Passo lungo: una modificazione conformazionale o un impatto molecolare su una regione idrofilica NON può modificare la conformazione della regione idrofilica esposta sul lato opposto. Questo tipo di passo ha la struttura secondaria di α-elica e contiene da 20 a 30 residui amminoacilici idrofobici. Più è lungo il passo, più la struttura tende a stabilizzarsi nelle zattere lipidiche. Figure 10-21 Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Multipasso con α-eliche transmembranarie: una modificazione conformazionale o un impatto molecolare su una regione idrofilica PUO’ modificare la conformazione della regione idrofilica esposta sul lato opposto. Infatti, le catene amminoaciliche transmembranarie interagiscono tra loro, formando una massa abbastanza compatta da trasmettere (come effetto meccanico) una modificazione o un impatto su un versante: l’effetto, sull’altro versante, è l’esposizione momentanea di residui funzionali. Una massa multipasso compatta si può avere, ad esempio, con 4 o 17 passi. La massa multipasso più comune è quella di un dominio con 7 passi: questo dominio può essere stato selezionato dall’evoluzione per un motivo sconosciuto: si può pensare che, poiché doveva funzionare bene in una determinata tappa evolutiva delle specie, è stato non solo conservato nel genoma ma anche aggiunto (come sequenza polinucleotidica, per ricombinazione/trasposizione di DNA) ad un gran numero di geni che esprimono proteine di membrana diverse (es. recettori associati a proteine G). Figure 10-23 Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Multipasso con strutture a β-sheet transmembranarie Multipasso con strutture a β-sheet transmembranarie. Una singola struttura a β-sheet contiene circa 10 residui amminoacilici idrofobici e non è mai presente come singolo passo. Canali per trasporto massivo sono basati su strutture a “barile”, cosiddette perché un certo numero di β-sheet si dispongono, come le assi di un barile, per formare un canale. Un tipico esempio sono le Acquaporine, canali che devono prontamente e massivamente far entrare o uscire l’acqua dalle cellule controllate dall’ormone ADH. Figure 10-26 Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Notare che l’ambiente citosolico è riducente e che i carboidrati sono legati solo alla parte proteica esposta all’ambiente extracellulare. Figure 10-27 Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Linfocita: notare il glicocalice Linfocita: notare il glicocalice. Il glicocalice contiene piccole strutture glicaniche con funzione recettoriale (5-20 residui circa) o estese componenti glicidiche (centinaia di residui) con funzioni di omeostasi ambientale (cioè trattengono ioni, acqua ed altre molecole dell’ambiente quando questo subisce momentanee e brusche alterazioni), di resistenza ad impatti (soprattutto per le cellule circolanti), di distanziamento intercellulare, di resistenza a virus, etc. Figure 10-28a Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Maggiore è la componente glicidica, maggiore è la capacità di esporre una massa proteica. Proteine non glicosilate tendono a compattare le catene polipeptidiche o a formare aggregati tra domini amminoacilici funzionali. Figure 10-28b Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Formazione di un eterocarionte (uomo-topo, via virus Sendai): dimostrazione della mobilità laterale di proteine di membrana. Dopo la fusione, le proteine originariamente esposte sulla cellula di topo sono state marcate con anticorpi “verdi” e quelle originariamente esposte su cellula umana con anticorpi “rossi”: l’eterocarionte è metà verde e metà rosso. Dopo 40’ di incubazione, l’eterocarionte non ha più due regioni diverse per colorazione: le proteine si sono mosse, diffondendo su tutta la superficie (e quelle marcate in verde si sono mescolate con quelle marcate in rosso, così che appare un colore risultante dalla sovrapposizione). Figure 10-35 Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Altra prova della mobilità laterale delle proteine di membrana: marcate le proteine con anticorpi colorati, l’area sbiancata dal raggio laser riacquista colore dopo incubazione. Figure 10-36a Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Con un’altra tecnica (FLIP), l’irradiazione continua di una piccola area provoca sbiancamento totale (perché tutte le proteine, muovendosi, finiscono con l’attraversare l’area irradiata). In questo modo, si possono selezionare le proteine che non hanno mobilità laterale, cioè quelle che sono immobilizzate per interazione col citoscheletro. Figure 10-36b Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Oltre all’interazione col citoscheletro, c’è un altro importante fattore che limita il movimento laterale delle proteine sulla membrana: la barriera che delimita i domini. Qui si vede che il dominio apicale della cellule endoteliali è separato da quello basolaterale per mezzo di giunzioni serrate: da notare che, nello spazio tridimensionale, le giunzioni serrate non sarebbero disegnate come “tratti” a destra e sinistra, ma come una cintura che avvolge la parte superiore della cellula; questa cintura è come uno steccato che definisce due recinti in cui ci siano pecore e capre (e le pecore non riescono a saltare nel recinto delle capre e viceversa). Si nota anche che un ulteriore fattore limita la motilità: l’interazione con la matrice extracellulare. Figure 10-37 Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

A: Recinti di citoscheletro (e proteine associate) delimitano domini, da cui difficilmente sfugge una proteina. B: tracciato del percorso di una proteina transmembranaria che riesce ( con difficoltà, dato il tempo di permanenza) a sfuggire da un dominio all’altro. Figure 10-42 Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Lo spermatozoo è una cellula con un numero elevato di domini di superficie: almeno 4 sulla testa, 1 sul “collo” (cioè la porzione iniziale del flagello) ed almeno altri 3 sulle porzioni iniziale, media e terminale del flagello. La compartimentalizzazione di specifiche proteine in un dominio (in questa cellule come in altre cellule dotate di domini di superficie) riflette la specifica funzione che quelle proteine devono svolgere proprio in quel dominio. Figure 10-38 Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Qui si vedono altri fattori che limitano la motilità laterale della proteine di membrana. Oltre alle interazioni (già viste nelle immagini precedenti) con proteine del citoscheletro (C) e della matrice extracellulare (B), le proteine di membrana di una cellula possono interagire tra loro (A: formazione di placche) o con proteine di un’altra cellla (D). Quest’ultimo caso comprende le giunzioni intercellulari in un tessuto (come già visto in un’immagine precedente, riferita ad un epitelio), ma riguarda anche fenomeni di riconoscimento e segnalazione tra tipi cellulari diversi (es. tra linfociti o tra macrofagi e cellule da fagocitare oppure tra spermatozoo ed ovocita). Figure 10-39 Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

La forma biconcava dell’eritrocita è dovuta all’interazione di proteine di membrana col citoscheletro, come è descritto nell’immagine successiva. Questa peculiare forma previene l’impatto dell’eritrocita con le pareti vascolari: infatti, la concavità pressa un volume di fluido contro la parete in avvicinamento e la stessa pressione respinge la cellule lontano dalla parete, così che la cellula tende a posizionarsi verso il centro del diametro del vaso. Figure 10-40 Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Nella complessità delle proteine associate al citoscheletro, sono mostrate solo alcune delle proteine di membrana dell’eritrocita e un sistema di consolidamento (complesso giunzionale dei filamenti di Spettrina) della rete proteica che conferisce forma alla cellula. Figure 10-41a Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)

Immagine di microscopia elettronica della membrana eritrocitaria (l’eritrocita ha solo la membrana plasmatica). Figure 10-41b Molecular Biology of the Cell (© Garland Science 2008)