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Published byErnesto Romeo Bellini Modified over 8 years ago
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CHIMICA AMBIENTALE E DEI BENI CULTURALI L’ INQUINAMENTO DEL SUOLO E LE TECNICHE DI BONIFICA DELLE ZONE CONTAMINATE DA METALLI PESANTI “BIOREMEDIATION E PHYTOREMEDIATION” Prof. S. ANDINI A.A 2009/2010
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Cosa intendiamo con la parola suolo? Potremmo intendere la parte più superficiale della crosta continentale oppure la parte “sciolta” della superficie terrestre per distinguerla dalla solida roccia. Per l’agricoltore il suolo è il mezzo che accoglie e consente la crescita e lo sviluppo delle piante. L’ingegnere edile invece guarda al suolo come quel materiale che supporta le fondamenta degli edifici, le strade, ecc. In breve, la parola suolo può avere diversi significati e svolge tantissime funzioni: -Accoglie batteri, funghi, micro, meso e macrofauna terricola. Fondamentali per la decomposizione della s.o e di sostanze tossiche come i pesticidi. -Le sue caratteristiche sono strettamente legate alla qualità delle nostre acque e alla gestione del territorio (erosione, frane, ecc). -Si comporta come un “filtro” contro sostanze inquinanti (nitrati, ecc). -Gioca un ruolo cruciale nell’economia di un Paese (produzioni agricole). -Costituisce una fonte importante di informazioni in campo archeologico, per lo studio delle attività umane del passato, dei cambiamenti climatici, ecc. -………
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Il suolo, più compiutamente, può essere definito come un sistema disperso plurifasico costituito dallo strato superficiale roccioso alterato della crosta terrestre. Suolo Fase solida Fase liquida Fase gassosa Frazione minerale Frazione organica Acqua e Sali minerali Prevalenza CO 2 e O 2 Elementi più importanti sono: O 2 49.5% Si 25.7% Componenti più abbondanti: silicati quarzo (SiO2) argille alluminosilicati idratati (Al2Si2O5(OH)4) rocce sedimentarie dolomite (CaCO3 MgCO3)
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Il suolo è un sistema aperto,molto delicato che scambia materia ed energia con ACQUA, ATMOSFERA, BIOTA.La parte più superficiale del suolo, il “top soil”, può arrivare a contenere fino al 95% di sostanze organiche ed è la parte con maggior attività biologica e principalmente con reazioni di ossidazione. : è l'insieme dei composti organici presenti nel terreno. Questo insieme, eterogeneo è in gran parte compreso fra i costituenti della frazione solida ed è di prevalente origine biologica, anche se una piccolissima parte è di origine sintetica. L'unica proprietà inconfutabile che identifica un componente della sostanza organica è la presenza del carbonio organico, ossia con un numero di ossidazione inferiore a +4. : sostanze non prodotte dalla materia vivente, quali sono i composti derivati dal regno minerale che non possiedono forza vitale. Sostanza organica Sostanza inorganica
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Il suolo è un’entità vivente molto complessa, in grado di respirare, di assimilare elementi utili quali il carbonio e l’azoto, di degradare e mineralizzare i composti organici, di accumulare sostanze di riserva sotto forma di humus. Queste funzioni sono dovute all’innumerevole quantità di organismi micro e macroscopici che popolano il terreno e che intervengono attivamente con il loro metabolismo sulla composizione dello stesso, trasformandolo e rigenerandolo. L’energia entra in questo sistema principalmente tramite la degradazione della materia organica morta, ossia dei residui delle piante e degli animali. La fertilità di un suolo naturale dipende quindi in modo significativo dalla velocità di trasformazione della materia organica, mediata dalla flora batterica. Qualsiasi contaminazione del suolo, che inibisca o elimini i microrganismi in esso presenti o che modifichi la quantità e la qualità della materia organica, può portare un danno a breve o a lungo termine dell’intero ecosistema suolo. Ciononostante, al momento, i suoli sono tra gli habitat meno studiati.
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Per lungo tempo si è ritenuto che il suolo avesse la capacità di trattenere le sostanze inquinanti tamponandone gli effetti. Si è quindi sempre prestata più attenzione a quei comparti ambientali, come l’aria o le risorse idriche superficiali che, invece, reagiscono all’inquinamento antropico con maggiore immediatezza. La capacità del suolo d’accumulare le sostanze inquinanti può effettivamente impedire l’immediata contaminazione d’altri comparti ambientali ma può anche, determinare un improvviso rilascio degli inquinanti una volta raggiunto il limite di ritenzione.
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Diminuisce cosi la possibilità di lisciviazione ed evaporazione, con azione protettiva anche nei confronti degli altri comparti ambientali. Questo può avvenire in virtù del suo potere assorbente, della capacità tampone, dell’ intensa attività biotica che in esso si svolge. Grazie all’ assorbimento gli inquinanti, con meccanismi di tipo meccanico e chimico, possono essere parzialmente sottratti alla soluzione. Il suolo grazie alla sua capacità di autodepurazione, è in grado di smorzare gli effetti negativi derivanti dall’ immissione di sostanze inquinanti. Tuttavia la capacità autodepurativa del suolo ha un limite oltre il quale i danni divengono irreversibili. Infatti l’ eccessivo accumulo di contaminanti, oltre a provocare una perdita di qualità del suolo stesso, costituisce un pericolo potenziale di rilascio di inquinanti quando questi superano la capacità di ritenzione o a seguito di variazioni delle condizioni ambientali (come variazione della solubilità dovuta a variazioni di pH). Se le sostanze inquinanti che filtrano nel suolo raggiungono determinati quantitativi, possono attraverso la falda acquifera e quindi tramite il ciclo dell’acqua distribuirsi nell’atmosfera e nella biosfera Le dinamiche di interscambio sono legate a processi chimici, fisici, geologici e biologici. I fattori di vulnerabilità del suolo sono quindi tanto numerosi quante sono le sue funzioni a cui si attribuisce un’utilità.
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CHE SI INTENDE PER INQUINAMENTO DEL SUOLO? Ingresso di sostanze estranee nel suolo che determina un’alterazione degli equilibri chimici e biologici che in esso hanno sede, causando: -perdita della fertilità. -predisposizione alla erosione accelerata. -ingresso di sostanze estranee nella catena alimentare. -ingresso di sostanze estranee nei cicli naturali. -modifiche degli altri comparti ambientali.
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Inquinamento diretto Discariche incontrollate Pratiche agricole Fertilizzanti Fitofarmaci Pesticidi Smaltimento dei reflui zootecnici e fanghi di depurazione Inquinamento indiretto Acque di irrigazione contaminate Apporti atmosferici Piogge acide (pH inferiore a 3) Inquinanti gassosi (ozono, radicali liberi, perossinitrato (HO2NO2), nitrato di periossiacetile (CH2CO3NO2), Acido fluoridrico, Anidride solforosa, Ossidi di azoto IPA (Idrocarburi policiclici aromatici)
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INQUINANTI ORGANICI Gli inquinanti organici persistenti, o POP (acronimo inglese di Persistent Organic Pollutants) sono sostanze chimiche molto resistenti alla decomposizione, alcune rimangono presenti nel terreno fino a vent'anni prima di dimezzarsi e possiedono alcune proprietà tossiche. Per le loro caratteristiche di persistenza e tossicità sono particolarmente nocive per la salute umana e per l’ ambiente, anche mortali per la fauna (si configurano alcuni come veleni, altri come agenti cancerogeni). Si è riscontrato il loro accumulo negli organismi viventi; sono presenti nell’ atmosfera, nell’ aria e nell’acqua e la loro propagazione è dovuta anche alle specie migratrici. Il pericolo consiste nella crescente concentrazione negli ecosistemi terrestri e acquatici. I dodici POP prioritari sono: Aldrin Clordano Diclorodifeniltricloroetano(DDT) Dieldrin Endrin Eptacloro Mirex Toxafene Policlorobifenili (PCB) Esaclorobenzene Diossine Furano
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INQUINANTI INORGANICI Metalli pesanti (Cd, Cr, Pb, Hg) Metalloidi Organometallici (es. pesticidi organostannici) Altre specie inorganiche (CN-, NH3, H2S, CO2, amianto)
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L’ azione ad opera dell’uomo, spesso porta a delle modifiche delle concentrazioni normalmente presenti di alcuni elementi nel terreno, soprattutto dei metalli pesanti, che spesso si rivelano tossiche per le piante e per gli animali. Il problema della valutazione dello stato di inquinamento di un suolo è molto dibattuto, in quanto non esistono in pratica metodi di laboratorio chimici o biologici atti a misurare lo “scadimento” di produttività. Metodi che utilizzano saggi biologici per la valutazione della qualità del suolo sono ancora in fase di studio. Se vengono presi in considerazione singoli inquinanti, il loro contenuto nel terreno fornisce una misura dello stato di contaminazione; in base a questo si potrà successivamente prendere in considerazione uno o più parametri connessi ai processi chimici e biologici presumibilmente influenzati dall’agente inquinante. La maggior parte delle sostanze inquinanti giunge al suolo attraverso le"materie ausiliarie impiegate in agricoltura“, le immissioni atmosferiche, l'industria, il traffico automobilistico ed altre fonti di emissione.
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I Metalli Pesanti Principali proprietà: hanno una densità superiore ai 5,0 g/cm3 si comportano in genere come cationi presentano una bassa solubilità dei loro idrati hanno una spiccata attitudine a formare complessi hanno una grande affinità per i solfuri, nei quali tendono a concentrarsi hanno diversi stati di ossidazione a seconda delle condizioni di pH ed Eh.
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Principali metalli pesanti Cd Co Cr Cu Hg Mn Ni Pb Zn Mo As Cr VI Mo Carattere anionico Non metallo Metalli pesanti: inquinamento Microelementi: effetti nutritivi Pb Cd Hg Non essenziali per gli animali Per le piante anche Ni e Cr As
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Vanno sotto il nome di metalli pesanti una serie di elementi appartenenti in massima parte al cosiddetto gruppo degli elementi di transizione, ai quali vengono normalmente aggiunti alcuni altri elementi (metalli come Ba e metalloidi quali As, Sb, Bi e Se) che, pur non appartenendo a tale gruppo, posseggono proprietà chimiche e fisiche molto simili. I Metalli Pesanti Tabella Densità Tabella Densità di alcuni fra i più importanti metalli pesanti e di altre sostanze
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Ad esclusione di Fe e Al vengono anche detti elementi in traccia (< 0.1% nei più comuni suoli e rocce). Alcuni metalli pesanti vanno anche sotto il nome di micronutrienti o microelementi in quanto risultano essenziali alla nutrizione e alla crescita di piante ed animali (es.: Zn), manifestandosi nocivi solo nel caso in cui le loro concentrazioni superino delle soglie che sono variabili da elemento ad elemento e da organismo ad organismo Altri metalli pesanti (es.: Cd) non svolgono alcun ruolo nello sviluppo di biomassa, e la loro presenza è considerata sempre potenzialmente tossica. I Metalli Pesanti
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I metalli pesanti sono pericolosi perché tendono a …bioaccumularsi ! BIOACCUMULAZIONE significa un aumento nella concentrazione di un prodotto chimico in un organismo biologico col tempo, confrontata alla concentrazione del prodotto chimico nell’ambiente. I residui si accumulano negli esseri viventi ogni volta che sono assimilati ed immagazzinati più velocemente di quanto sono scomposti (metabolizzati) o espulsi.
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CAUSE DELLA CONTAMINAZIONE DA METALLI PESANTI
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Naturale Ridistribuiti dai cicli geologico e biologico Industriale Combustione Inquinamento ambientale
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Cause della contaminazione Eruzioni vulcaniche Substrato pedogenetico Nel corso del processo di alterazione delle rocce il reticolo cristallino dei minerali primari è distrutto dai processi pedogenetici, ed i metalli pesanti presenti nei reticoli cristallini primari sono trasferiti nella soluzione circolante del suolo. Una volta raggiunta la soluzione circolante essi possono essere lisciviati verso la falda idrica od essere occlusi nei reticoli cristallini dei minerali pedogenetici.
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Metalli pesanti in alcune tipologie di rocce Metalli pesanti nel suolo
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Fonti antropiche: INDUSTRIA Industria siderurgica Industria chimica Cartiere Concerie PROCESSI DI COMBUSTIONE Auto trasporto Centrali termoelettriche Inceneritori AGRICOLTURA Fertilizzanti Fitofarmaci
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Contaminazioni da industria siderurgica Polveri sottili PM 10
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Contaminazioni da industria chimica Fanghi e ceneri di processi industriali
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Contaminazioni da industria chimica Contaminazione risorse idriche
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Processi di combustione autoveicoli Centrali termoelettriche Inceneritori
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Agricoltura Liquami zootecnici Concimi minerali
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Concimi fosfatici naturali: apporto di Cd Ni As Cr da fosforiti e apatiti Scorie di defosforazione (scorie Thomas) Liquami zootecnici suini: apporto di Cu Zn da integratori alimentari
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Fitofarmaci Fungicidi inorganici a base di Cu: solfato di rame poltiglia bordolese ossicloruro di rame ossido e idrossido di rame Fungicidi organici: ditiocarbammati Mancozeb e Maneb (Mn) Zineb Ziram (Zn)
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Emissioni in Atmosfera di Metalli Pesanti
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La tossicità e la pericolosità dei metalli pesanti non è semplicemente legata alla loro presenza nell’ambiente ed al loro possibile contatto con gli organismi viventi, ma soprattutto alla forma chimica in cui essi sono presenti quando vengono a trovarsi in queste situazioni. Tossicità dei metalli pesanti Nella maggior parte dei casi i metalli non sono tossici quando presenti nel loro stato elementare, ad eccezione di Hg allo stato di vapore (ma non allo stato liquido) Le forme cationiche sono potenzialmente più pericolose dal punto di vista ambientale sia per la loro maggiore possibilità di diffusione nell’ambiente, che per la maggiore capacità di essere assimilate dagli organismi viventi.
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Quando si parla di inquinamento da metalli pesanti, normalmente però ci si riferisce a quattro di questi elementi, che sono i maggiori responsabili dei danni ambientali, ossia: mercuriocadmiopiomboalluminio La loro tossicità è elevata sia per l'uomo che per tutte le specie viventi perché si legano con le strutture cellulari in cui si depositano, ostacolando lo svolgimento di determinate funzioni vitali, per cui gli organismi spesso non sono in grado di eliminarli dal loro interno.
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Il mercurio scaricato nei bacini d'acqua, ad esempio, viene frequentemente trasformato dai batteri marini in ione CH3-Hg+, particolarmente pericoloso perché facilmente assimilabile da vegetali e plancton. In tal modo dai primi anelli della catena alimentare, il mercurio si trasmette via via ai pesci più grandi, fino ad arrivare all'uomo. L'eccesso di mercurio provoca gravi intossicazioni, la cui sintomatologia comprende insonnia, nervosismo, perdita di memoria, ansia, depressione fino ad arrivare ad effetti paralizzanti e talora mortali. Lungo la catena, la dose di concentrazione di questo metallo aumenta, proprio perché gli organismi non sono in grado di smaltirlo. Analogo discorso vale per gli altri metalli tossici. Mercurio
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Il cadmio, la cui presenza nell'ambiente è dovuta principalmente all'uso di fertilizzanti chimici, alle aziende che fabbricano batterie e Semiconduttori, al fumo delle sigarette e agli inceneritori di materiali plastici e gommosi, è ritenuto il responsabile dell'insorgere di ipertensione, di disturbi gastrointestinali e dell'apparato riproduttivo, di forme di arteriosclerosi e di diverse forme tumorali. Il Cadmio Il Piombo Il piombo che si riversa nell'ambiente soprattutto da scarichi industriali e dalla combustione di carburanti come la benzina tradizionale, produce i suoi effetti negativi sia sulle ossa, poiché viene incorporato in esse in sostituzione del calcio, sia a livello di processi chimici dell'organismo umano, poiché è ritenuto inibitore della produzione di numerosi enzimi. Inoltre al piombo si fa risalire l'insorgenza di disturbi cerebrali e di forme più o meno gravi di depressione. L’Alluminio L'alluminio, largamente utilizzato come materiale per gli utensili da cucina, si diffonde nell'ambiente e di conseguenza nell'organismo umano, dalla raschiatura delle pentole, dalle fabbricazione di lattine e altri contenitori a base di alluminio, e tramite anche i farmaci antiacidi di uso comune. L'effetto principale di una quantità eccessiva di alluminio nei tessuti biologici è la comparsa di disturbi neurologici, che nei casi più gravi degenerano nel morbo di Alzheimer, questo perché l'alluminio si deposita prevalentemente nel cervello.
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INTERVENTI DI RISANAMENTO METODI FISICO/CHIMICI METODI BIOLOGICI
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TRATTAMENTI FISICO/CHIMICI Escavazione e conferimento in discarica Lavaggio (acqua e solubilizzanti) Separazione elettrochimica (elettromigrazione) Solidificazione (agenti stabilizzanti) Vetrificazione (alta temperatura) Suolo contaminato
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TRATTAMENTI BIOLOGICI BIOREMEDIATION ( microorganismi su contaminanti organici) PHYTOREMEDIATION (Piante su contaminanti organici ed inorganici)
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PHYTOREMEDIATION Tecnologia che impiega specie vegetali per il trattamento “in situ” di suoli, sedimenti e acque contaminate (contaminanti organici ed inorganici). Le piante possono essere assimilate a dei sistemi di pompaggio e trattamento che utilizzano energia solare e che assorbono gli inquinanti attraverso un mezzo autoestendibile(l’apparato radicale) per poi trasportarli, immagazzinarli e/o degradarli nella parte aerea. I girasoli di Chernobyl
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Alcuni tipi di contaminazioni trattate tramite phytoremediation Idrocarburi petroliferi Solventi BTEX(benzene, toluene, etilbenzene, xilene) Composti aromatici clorurati Esplosivi Metalli pesanti Radio nuclidi
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Phytoremediation process In base ai diversi processi fisico/biologici coinvolti si distinguono: Fitodegradazione Fitostabilizzazione Fitovolatilizzazione Fitoestrazione Rizodegradazione Rizofiltrazione
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Fitodegradazione (contaminanti organici) La fitodegradazione (o fitotrasformazione) è il termine generale per indicare la degradazione di contaminanti che avviene all’interno delle piante per mezzo di processi metabolici ed azione enzimatica. Consiste nell’assorbimento diretto dal suolo dei contaminanti senza il coinvolgimento dei microrganismi presenti nella rizosfera. E’ adatta, oltre al trattamento delle acque sotterranee e dei terreni, anche al trattamento delle acque superficiali. Si usa per trasformare contaminanti di tipo prevalentemente organico e pesticidi.
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Fitostabilizzazione (contaminanti inorganici) La fitostabilizzazione è una stabilizzazione di contaminanti che può avvenire mediante l’immobilizzazione tramite adsorbimento sulle superfici radicali e adsorbimento nelle radici stesse, oppure nella rizosfera (parte di terreno immediatamente adiacente alle radici ed influenzata dalle loro attività biologiche), grazie anche ai prodotti essudati dalla pianta. L’effetto è quello di ridurre la mobilità e impedire la migrazione dei contaminanti nelle acque sotterranee o l’ ingresso nella catena alimentare. Essudati: composti chimici come zuccheri e amminoacidi che sono rilasciti dalle radici.
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Fitovolatilizzazione (contaminanti organici e inorganici) Questo processo è associato solitamente alla fitodegradazione, per la depurazione di acque sotterranee, suoli, sedimenti e fanghi. La fitovolatilizzazione consiste nella rimozione da parte delle piante di contaminanti dalla matrice suolo e nella loro espulsione in aria tramite l’attività di traspirazione delle foglie. E’ fattibile per contaminanti volatili organici ed inorganici, quali benzene, alcuni solventi clorurati, As, Hg e Se.
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Rizodegradazione (contaminanti organici) Per rizodegradazione si intende la degradazione di contaminanti sfruttando l’attività microbica che si origina nella rizosfera, grazie ai composti essudati dalle piante in questa zona - quali zuccheri (mucopolisaccaridi), aminoacidi, acidi grassi, fenoli, enzimi, e lisati (sostanze rilasciate da lisi cellulare) – ed alle conseguenti condizioni di Ph acido che si vengono a creare. Tale tecnica, a differenza delle precedenti, è utilizzata per la rimozione di contaminanti organici.
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Rizofiltrazione (contaminanti organici ed inorganici) La rizofiltrazione è la captazione, da parte delle piante, degli inquinanti presenti in forma disciolta nelle acque sotterranee. Avviene nella zona radicale, tramite processi di adsorbimento, concentrazione o precipitazione dei contaminanti.
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Quasi sempre per valutare l’efficienza di una particolare pianta nell’estrazione di un contaminante si conducono dei test di laboratorio (i cosiddetti ‘pot experiments’) in cui vengono monitorate le concentrazioni presenti nel suolo contaminato e nella pianta. Bisogna porre particolare attenzione, però, nel considerare i risultati ottenuti in questi casi come validi anche nelle condizioni reali: infatti ci sono studi che dimostrano che c’è una discordanza tra rendimenti ottenuti in laboratorio e in campo, pur con lo stesso terreno e le stesse piante. POT EXPERIMENTS
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La Phytoremediation applicata ai metalli pesanti Il campo in cui la phytoremediation si è maggiormente sviluppata, sia a livello internazionale che italiano, è quello dei metalli pesanti. La bonifica di suoli contaminati da queste specie è prioritaria poiché esse non si degradano e persistono nell’ambiente per tempi indefiniti. La phytoremediation sfrutta, in questo caso, la nutrizione inorganica, con la quale la pianta assume sia le sostanze inorganiche essenziali per la sua crescita, sviluppo e riproduzione (come ad esempio N, P, K, Mg, S, Fe, Cl, Zn, Cu, B, Md), sia quelle non essenziali, che ad alte concentrazioni possono però risultare tossiche per la pianta stessa (Pb, Cd, As, Sali…).
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Il processo che viene sfruttato per la Phytoremediation dei metalli pesanti non è legato, dunque, alla degradazione dei contaminanti, ma alla loro estrazione e accumulo nei tessuti della pianta, o alla loro immobilizzazione nella rizosfera. Particolare attenzione dovrà pertanto essere posta sul destino delle piante stesse e nel progetto di bonifica dovranno essere indicati le modalità e i tempi di raccolta delle parti recidibili delle piante, nonché del loro eventuale smaltimento.
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La cattura dei metalli è influenzata dal pH del suolo, dal potenziale redox, dal contenuto di materia organica, dalla temperatura, dalla cinetica della reazione (l’entità del trasferimento degli elementi dalla fase solida alla liquida e nelle radici delle piante, dalla mineralogia del suolo, dalla capacità di scambio cationico e dal contenuto di acqua nel suolo (che può influenzare la crescita delle piante e dei microrganismi e la disponibilità di ossigeno richiesto per la respirazione aerobica). In particolare, sono preferibili basso pH e basso contenuto di argilla e materia organica.
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GLI IPERACCUMULATORI Esistono delle specie vegetali di particolare interesse per la Phytoremediation dei metalli pesanti: gli iperaccumulatori, cioè piante capaci di accumulare quantità di un certo metallo maggiori rispetto a quelle mediamente accumulate. Questo tipo di piante cresce solitamente su suoli metalliferi ed è in grado di completare il suo ciclo di vita senza mostrare alcun sintomo di fitotossicità rispetto ai metalli. Oggi i criteri per gli iperaccumulatori variano a seconda del metallo; sono definiti quindi iperaccumulatori le piante che accumulano. più di 100 mg/kg DM di Cd; più di 1000 mg/kg DM per il Cu, Co, Cr, Ni e Pb; più di 10000 mg/kg DM per Zn e Mn.
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La famiglia delle Brassicaceae comprende alcuni dei più efficienti iperaccumulatori Thlaspi caerulescens Ni, Zn 26000 ppm
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Thlaspi rotundifolium accumulatore di Pb,Ni, Zn
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Alyssium wulfenianum Accumulatore di Ni
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Brassica juncea Elevata biomassa Accumula Pb, Cr+6, Cd, Cu, Ni, Zn
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Famiglia delle Graminaceae Festuca arundinacea Accumulatore di Pb, Zn
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CistussalviifoliusL. Accumulatore di Pb, Zn
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Le specie iperaccumulatrici spesso presentano lentezza di accrescimento e scarsa biomassa, per tale motivo possono essere impiegate anche tipiche specie agrarie che sopperiscono allo scarso accumulo con l’elevata biomassa (es. mais, girasole, sorgo, medica…) Specie agrarie
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È possibile incrementare le capacità di fitoestrazione delle specie non accumulatrici tramite chelanti sintetici ( EDTA, HEDTA ecc.). I CHELATI Si definiscono chelati i complessi in cui lo ione metallico coordina attorno a sé due o più gruppi funzionali legati alla stessa molecola (chelante). I chelati di ferro ed altri microelementi vengono somministrati al terreno o alla piante (via fogliare) per ridurre le carenza nutritive. Impiego dei chelanti va attentamente valutato a causa del rischio di lisciviazione dei metalli stessi.
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MIGLIORARE L’EFFICIENZA: L’USO DEGLI AGENTI CHELANTI L ‘aggiunta di agenti chelanti nel terreno ne aumenta la bio-disponibilità e favorisce il lavoro dell’apparato radicale e dei suoi essudati nella rizosfera, incaricati di “catturare”, accumulare ed adsorbire gli inquinanti, prima del loro trasferimento e immagazzinamento nella parte aerea delle piante. I chelanti, aumentando la concentrazione di metalli disciolti, modificano il meccanismo di assunzione da parte della pianta: l’assorbimento passa da attivo (simplastico) a passivo (apoplastico). Gli agenti chelanti si combinano al metallo e formano complessi (chelati) in cui il metallo diventa parte di un anello Tra i chelanti più diffusi, si trovano EDDS (acido etilendiamminodisuccinico) ed EDTA (acido etilendiamminotetracetico).
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L’EDTA è largamente utilizzato come agente chelante per il suo basso costo e l’alta efficacia. Aggiunte di EDTA in concentrazioni dell’ordine di 10-20 mmol/kg suolo secco si sono rivelate molto efficaci per l’estrazione dal suolo di Pb, Cd, Cu, Ni, Zn trattati con colture di mais e senape indiana L’EDDS è un composto più facilmente biodegradabile e crea meno percolazione rispetto all’EDTA. L’NTA (acido nitrilotriacetico, C 6 H 9 NO 6 ) è un agente chelante per Ca e Mg, prontamente biodegradabile e con bassa fitotossicità.
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VALUTAZIONI ECONOMICHE E PARAMETRI PER LA SCELTA DELLA PHYTOREMEDIATION La scelta riguardante la phytoremediation come tecnica va ponderata considerando quattro parametri principali: il costo del trattamento in sé (inteso come lavoro di cantieristica e di utilizzo manodopera, materiali e affini); lo smaltimento delle piante utilizzate (se, cioè, vi sia la possibilità di un nuovo utilizzo di queste, anche in chiave di ritorno economico); il tempo necessario alla realizzazione dell’intervento. Questo perché la fitobonifica, visto il lungo tempo solitamente necessario per la realizzazione, blocca lo sfruttamento del terreno per altri usi, limitandone quindi le potenzialità di guadagno; la rivalutazione del terreno stesso una volta decontaminato.
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La riduzione dei volumi smaltiti in discarica: circa 10 volte in meno rispetto al volume di suolo Risparmio energetico Possibile recupero dei metalli Semplicità di gestione Vantaggi estetici e un generale consenso dell’opinione pubblica Possibilità di applicazione ad una vasta gamma di contaminati ASPETTI POSITIVI DELLA PHYTOREMEDIATION:
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CONCLUSIONI La diffusa presenza di aree contaminate genera l’interesse a trovare tecniche di bonifica efficaci e sostenibili sia dal punto di vista economico che ambientale. Le classiche tecniche di bonifica, utilizzate per la maggior parte sia in Italia che all’estero, quali l’escavazione e il conferimento in discarica o l’incapsulamento, quasi mai riescono a soddisfare a questi requisiti. La phytoremediation è una tecnica ancora in fase di studio, ma che sembra molto promettente soprattutto per la bonifica di grandi aree con contaminazioni limitate sia in profondità (le radici delle piante arrivano fino a un massimo di 3 metri) che in entità, in quanto le piante hanno un’efficienza limitata e possono subire effetti tossici. L’impianto “verde”, oltre ad avere basso impatto ambientale e costi ridotti rispetto ad altri trattamenti (risparmio in termini di materiali da costruzione e di lavori di cantieristica, possibilità di riutilizzare le piante contaminate con recupero energetico), ha il vantaggio non trascurabile di essere ben accettato dalle comunità locali.
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